giovedì 30 ottobre 2008

UN CONSIGLIO CINEMATOGRAFICO


Un film magistrale e un attore protagonista come non si vedevano da tempo!!!! NON PERDETEVELO!!!!

mercoledì 29 ottobre 2008

Non è un paese per giovani


Potrei essere qui a sciorinare dati e statistiche per avvalorare quello che molte persone di buon senso hanno comunque intuito. Proverei un gusto particolare nel riaffermare e validare con il conforto degli eventi, la mia convinzione che l'attuale governo nasconda dietro alla campagna mediatica e spettacolare sull'efficienza della pubblica amministrazione solo la volontà resettare quel poco di stato sociale che resta. Ma il tema è così serio ed importante che non ne vorrei fare una battaglia di "parte", proprio io che mi ritengo uomo di parte. Il tema della scuola pubblica dovrebbe essere condiviso dalla maggioranza delle persone e sentito come uno dei pilastri della democrazia italiana. La scelta di tagliare, o comunque di non ritenere primari un settore come l'istruzione e la ricerca (purtroppo perseguite non soltanto da questo governo) la dicono lunga sullo stato regressivo di questo paese e sull'imbarbarimento del sentire comune. Ed allo stesso tempo ci fanno capire con quale modeste prospettive andremo ad affrontare il futuro di medio-lungo termine. Avrei preferito di gran lunga non assistere a tutto questo.



lunedì 27 ottobre 2008

caoscazzo



avendo letto il libro di Veronesi non si può che rimanere delusi di fronte all'omonimo film di antonello grimaldi per questo quello e quest alto motivo :
-------------questo: i films non riescono quasi mai a rendere tutte le impressioni dei libri da cui sono tratti.
--------------quello: moretti come mai riesce a fare l'attore (lui che non lo è) in un film del genere? dai retta torna dietro la macchina da presa e rifatti qualche canna.
--------------quest altro: incredibilmente ridicola la scena in cui palladini/moretti piange.. non avevo mai sentito un pianto così brutto, senza considerare che nel libro non vi è alcun pianto ed è stato solo per un capriccio del nostro amico che ha voluto stravolgere il copione che abbiamo assistito a questa forzatura .(Ma certe cose non le dovrebbe scegliere il regista?) Comunque a parte moretti VOTO 7
P.S.: dillo nanni che fai l'attore perchè sennò col cazzo che ti fai una chiavata così con la ferrari

sabato 25 ottobre 2008

Noi non siamo gli alice 'n chainz...





... ma sulle loro note abbiamo avuto la posibilità di incontrarci e di dar luce al fenomeno the rooster , gruppo precario nella galassia del rock pistrinese.si accettano suggerimenti per peggiorare la nostra immagine , anche sul nome dell'ipotetico gruppo.






























ryuvez .............voce(?)
fabio ..............(ha un contratto a termine) chitarra
cacchio ............ bass
manuel (the rooster). drum
Gli incassi di eventuali ed improbabili esibizioni in pubblico saranno devoluti alle farc

sabato 18 ottobre 2008

ELOGIO DELLA FOLLIA

Follia, altra parola non mi viene in mente guardando le carriere volutamente underground di 2 mostri sacri del rock come i Melvins e i Mudhoney. Due gruppi legati anima e corpo alle band di Seattle, citati a più riprese da Kobain e soci, influeanzatori di quel rock a noi tanto caro, sarebbe stato facile per loro seguire la scia e diventare i volti più noti in ambito rock ma loro invece no, hanno deciso di vivere ai margini di lasciar via contratti da capogiro festival interviste lanci pubblicitari e quant'altro, questi folli hanno preso una strada tutta loro, una strada difficile e che alla fine premia solo noi ascoltatori. Ai loro concerti trovi massimo 200 persone i loro dischi passano inosservati ma il loro valore è unico, ogni disco è una perla fatta con passione e mai per contratto e ogni loro live un ricordo indelebile e tutto solo per noi, mai niente per loro se non la soddisfazzione di una coerenza che solamente un folle perseguirebbe. Quindi questo articolo è dedicato a loro e alla loro follia di essere così fortememente maledettamente e volutamente underground!!! HAIL TO THE CHIEFS!!!!

giovedì 16 ottobre 2008

Radiohead, cavatappi della modernità


Prendo spunto, come già per il post su gli anni '80, da un articolo di Andrea Scanzi per aprire una discussione sui Radiohead: sono veramente il gruppo contemporaneo più importante? Personalmente, pur non avendo mai digerito fino in fondo la svolta elettronica di Kid A ed Amnesiac, che ho comunque rivalutato con il tempo, concordo con Scanzi nel assegnare alla band di Oxford la palma dei migliori interpreti della (malridotta?) scena  Rock. Non si può prescindere dai Radiohead, non si può ignorarli. Effettivamente ogni loro disco è un evento con cui misurarsi e scontrarsi.

Ecco l'articolo:

Non è un caso che ormai non si scrivano solo libri sui Radiohead, ma attorno ai Radiohead. Nessuno, negli ultimi vent'anni, ha creato un radicato e duraturo senso di appartenenza musicale come la band di Thom Yorke. Nemmeno gli U2, ormai stanchi delle loro molte rivoluzioni e adagiatisi, dopo Achtung Baby, in una stucchevole reiterazione di se stessi. Se i Pink Floyd si sono limitati a perlustrare la faccia oscura della Luna in un disco, i Radiohead nell'oscurità ci vivono. La cercano, la inseguono, la ricreano. Ne traggono ispirazione, perennemente in bilico tra estasi del nichilismo e compiacimento di chi ha previsto l'Apocalisse.

I loro primi passi erano fortemente derivativi, vicini all'epica irlandese degli U2 più ispirati, e fu così - «i nuovi U2» - che vennero chiamati dopo The Bends (1995), sorta di lunga e struggente fiaba che non manca mai nelle classifiche dei «migliori dischi del XX secolo». La storia della musica, come del resto quella dell'arte, è spesso fatta di cordoni ombelicali recisi, di capacità o meno di uccidere i propri padri, e se solo adesso Chris Martin dei Coldplay sembra averne abbastanza di somigliare a Bono, i Radiohead non si sono ancora stancati di mutare, scardinare: rivoluzionare. A The Bends fecero seguire l'epocale Ok Computer, dove i migliori Pink Floyd convivevano miracolosamente con i Beatles meno spensierati. Una delle molte pentecosti armoniche dela band, un po' come se i loro volti per nulla divistici, ora increspati e ora impiegatizi, celassero una superband capace di far convivere Syd Barrett e John Lennon, Johnny Cash e Bob Dylan, David Byrne e Miles Davis.

Ai peana universali, 11 anni fa, i Radiohead hanno reagito nella maniera più difficile e necessaria: spostandosi ancora, navigando controvento. Nei dischi successivi, dalla doppietta Kid A/Amnesiac a In Rainbows, hanno tratto ispirazione da tutto ciò che era possibile e soprattutto impossibile: le onde accademiche martenot, il sistema binario, l'elettronica esoterica, la musica popolare, persino le malattie dei conigli (la mixomatosi). Hanno scritto di mostri che succhiano il sangue giovane, messo in musica Douglas Adams, fatto cantare il fisico Stephen Hawking. Si sono spinti in terre inesplorate, edificando il loro habitat in un fascinoso nowhere. Il rischio era la musica per pochi intimi, del culto snobistico della nicchia. Sono riusciti a tracciare la strada più desiderata e per questo impervia: la perfetta via di mezzo tra l'alternativismo di professione e la legittima volontà di piacere. Per questo hanno generato una sorta di discreta ma evidente «febbre Beatles»: perché non hanno mai tradito prima se stessi, poi chi li ascoltava.

Nati 22 anni fa alla Abingdon School di Oxford, avevano la stessa formazione di adesso e si chiamavano On a Friday. Cambiarono nome per volere della Emi e perché misuratamente colpiti da una canzone dei Talking Heads. Il loro primo successo, un singolo del 1992, non era che l'autoscatto di Thom Yorke, occhio alla zuava e voce ipnotica. Il brano si chiamava Creep ed era la prima volta in cui Yorke, Leopardi del rock, palesava i suoi incubi («Sono un perdente, un mostro»). Da allora è stata una cascata di note, visioni, paure. Yorke è una sorta di alieno depresso, un artista postumo di se stesso, la cui voce ancestrale e a tratti insostenibile si sposa sontuosamente con sonorità avveniristiche figlie anzitutto di Jonny Greenwood (il chitarrista). A differenza di Jim Morrison o Kurt Cobain, Yorke sembra volersi punire con una esistenza complicata e oltremodo faticosa, a fronte di una evaporazione di sé che a prima vista sembrerebbe più facilmente percorribile. Non per nulla uno dei suoi canti più dolenti si intitola How to disappear completely.

I Radiohead sono una sintesi di talento e sperimentazione, istinto, longevità e scaltrezza (anche di marketing, basta pensare al download libero con cui è stato lanciato In rainbows). Non i nuovi Pink Floyd, non i nuovi U2: i nuovi Radiohead. Un loro disco non è un ascolto ma un evento. Qualcosa con cui suggellare il tempo, misurarsi, scontrarsi. Se la musica, come ha scritto Cechov, deve essere cavatappi dell'anima, nessuna band negli ultimi anni è in grado di aprire così tante bottiglie.

di Andrea Scanzi

mercoledì 15 ottobre 2008

BRUCIARE DOPO AVER LETTO


E ridere mentre e dopo avere guardato!...Burn after reading non è sicuramente all'altezza di Non è un paese per vecchi ma si sa non tutte le opere possono essere dei capolavori e, soprattutto è molto più difficile che lo diventino delle commedie (genere che non è sicuramente tra i miei preferiti!), a parte quella che guida i nostri scazzi ......

I fratelli Coen sono infatti dichiaratamente impeccabili anche in questo genere e regalano un'ora e mezzo di sane risate intelligenti (anche a me e non è cosa da poco!) Sempre la solita storia, o meglio la solita commedia degli equivoci nel genere “a prova di spia” ma interpretata dalla cinepresa dei due fratelli e condita con i loro ingredienti inconfondibili: vari e, a volte strampalati, tipi umani alle prese con il caso e il kaos della vita in un ritmo che non prevede pause.. E la loro cinica ironia delle circostanze , non risparmia nemmeno l'intelligence americana, vista in un tono di critica... forse alle ancora fobie post 11 settembre nell'attuale clima" torna di moda anche la guerra fredda"?..non a caso e , in antitesi, quella russa resta abbastanza immune (e i personaggi siberiani non scatenano nessuna risata).

Quasi mi dimenticavo: perfetto nelle varie parti il cast in cui eccelle l'interpretazione di Brad Pitt, Johm Malkovich e Frances McDormand! Chi dopo averlo visto potrà dire il contrario?


lunedì 13 ottobre 2008

Fate la vostra scelta



Ok, è vero, fino ad oggi la musica che accompagna il blog l'ho scelta io. Penso però che non sia giusto, e vi chiedo quindi di selezionare 2 canzoni da inserire nella prossima playlist che pubblicherò la prossima settimana. Postate tra i commenti le vostre scelte.

La provocazione della chiusura del Blog sembra aver avuto il suo effetto! Mai come in questo ultimo periodo abbiamo letto così tanti post. Ora dobbiamo crescere. Cerchiamo di coinvoglere più gente nella lettura, ma soprattutto nella scrittura dei post. Il blog è aperto a tutti, e tutti vi possono partecipare.

sabato 11 ottobre 2008

CARRARMATO ROCK



Finalmente un gruppo italiano con poche pretese e tanto coraggio.
Quelli che una volta erano i 'One dimensional man' hanno ampliato i membri della band e il bassista ha smesso di pizzicare le quattro corde mettendosi a cantare, trasudando rabbia e disagio senza scadere nel banale o nel volgare.
Non hanno più vent'anni e dall'aspetto non bevono acqua o aranciatina ma suonano bene e si divertono a farlo.
Il Teatro Degli Orrori fanno un punk rock per me abbastanza impegnativo, ma alcune canzoni meritano il repeat, come ad esempio 'La canzone di Tom', quella che me li ha fatti conoscere, un testo degno dei migliori cantautori.
Non è un album per vendere o far soldi, ma è sincero e nel cantiere musicale italiano di oggi non può che far bene.
''Dell'impero delle tenebre'' uscito nell'aprile 2007 (scusatemi per il ritardo) può avere il potere di non farci dimenticare perchè ascoltiamo rock..

Un carrarmato di rock per te, che ti faccia morire di musica e non di paura..


NON SI ESCE VIVI DAGLI ANNI 80 REPLICA

Parlare in maniera obbiettiva degli anni 80 non è facile per me che ci sono cresciuto. Le superiori i primi casini le prime sbornie ah.....quanti bei ricordi! ma ci provo lo stesso. Prima di tutto niente confronti sarebbe troppo facile sparare a zero sugli 80 se si guarda ai 70 ma prendiamoli a sè! L'inizio non è dei migliori muore Bon Scott (ac/dc) John Bonham (led zeppelin) e John Lennon....tempi duri si prospettano per il rock. Rock?!? è ciò che più si è perso negli 80 salvo pochi gruppi come Dire Straits i primi U2 e pochi altri , i Queen si vendono al mercato i Rolling stones si danno al ridicolo , poveri noi. Ma più di tutto inizia a perdersi il genere umano, depressione e alienazione diventano fenomeni di massa, triste eredità di quella meteora nichilista chiamata Punk...ma è proprio dal peggio che nasce il meglio. La depressione diventa musica l'alienazione testi e il nero dell'anima diventa il nero dei vestiti.....è il Dark! la massima espressione degli anni 80, Cure Joy Division Bauhaus sono solo le punte di un iceberg che ancora oggi non vuole sciogliersi! Quindi non massacriamo questo decennio in fondo in fondo tanto male non era e poi almeno non me toccava de andà a lavorà!!! P.S: ah Ryu cazzo dici? We will rock you è del 76 gnurante!!!

giovedì 9 ottobre 2008

Non si esce vivi dagli anni '80?



Come il mio illustre coetaneo Scanzi, penso che gli anni '80, di cui oggigiorno si stanno celebrando le glorie, siano un periodo non proprio brillante... 
Che ne pensate?


venerdì 3 ottobre 2008

SEM MISSI MALE

Ho da poco appreso la notizia che negli states una giornalista è stata licenziata in tronco per aver sfoggiato una maglietta di Obama durante un collegamento. motivo: un giornalista deve essere credibile e sopra le parti. io penso che quando si arriva a prendere lezioni di democrazia e civiltà da un paese che come l'America è famosa per l'esatto contrario vuol dire che sem missi proprio male!!!!

giovedì 2 ottobre 2008

Voi non siete gli "Alice in chains"


Chissà se il povero Layne si rivolterà nella tomba, o più coerentemente con la propria indole ignorerà lo scempio che stanno per combinare i suoi amici(?) compagni di avventure con il suo mitico gruppo : gli Alice in chains.
Dico suo perchè nonostante il collega Jerry Cantrell fosse autore delle loro musiche e di molti tra i loro drammatici testi, contribuendo non poco a creare delle atmosfere buie e rabbiose difficilmente riscontabili in tutto il panorama del rock, l'elemento caratterizzante è sicuramente la voce irripetibile di Layne. Metallica , fredda , bollente e soprattutto potente e potrei trovare mille altri aggettivi altrettanto inutili...(ascoltare per credere).
Fatta la precisazione torniamo allo scempio: layne stanley era un tipo coerente, e dopo aver cantato della propria morte da giovane s'è impegnato per realizzarla.Con mio grande rammarico un bel giorno c'è riuscito, trovando attorno a se proprio quel vuoto che credeva di avere(hanno trovato il cadavere dopo molto tempo, e nel classico stato avanzato di decomposizione), abbandonato a se stesso , lui che si era abbandonato già da molto tempo.
Io non l'ho mai dimenticato e mai lo farò, se c'è mistero accetto e rispetto, cosa che non fanno gli altri componenti del gruppo, i quali hanno pensato bene di uscire a marzo con un nuovo album sotto il sacro nome di " Alice in chains ".Sbagliato.
Voi non siete gli Alice in chains. Non senza Layne.
Spero non guadagnerete un dollaro con questa operazione criminale, del resto nelle altre uscite fatte dopo la sua morte non ci siete andati lontani.
Se volete produrre materiale fatelo, ma per carità, cambiate nome !
P.S.: Guardatevi l'unplugged qualche sera...

mercoledì 1 ottobre 2008

I bolscevichi di wall street


Il tempo è galantuomo!
Per anni ci sono state raccontate delle balle fenomenali. Ci dicevano che dovevamo preparaci a vivere in un mondo globalizzato, dove il libero mercato sarebbe stato il vero ed unico protagonista al centro della scena. Un libero mercato che doveva penetrare ovunque, "modernizzando" qualsiasi settore, welfare compreso. E così si sono succedute un'infinità di liberalizzazioni: banche, assicurazioni, telecomunicazioni, elettricità, acqua, metano e prezzi di beni che prima erano imposti dallo stato, come pane e benzina. E anche il mercato del lavoro doveva adeguarsi ai tempi con una flessibilità sempre maggiore. Tutta questa "libertà" doveva garantire a noi cittadini, anzi a noi consumatori, dei prezzi sempre più concorrenziali ed una maggiore efficienza.
Sappiamo tutti come sono andate a finire le cose... bollette, mutui, tariffe, disservizi ed inefficienza parlano da sole.
Ciò è accaduto perché c'è stata raccontata una bugia originaria di dimensioni colossali: il libero mercato non ha bisogno dello stato, che è anzi un intralcio, ma si regola da solo.

Ora verrebbe da chiedersi il motivo per cui la crisi finanziaria che sta travolgendo i mercati di tutto il mondo, divorando importantissime banche di dimensioni planetarie, che sono il non plus-ultra del liberismo, dell'economia globalizzata, non venga affrontata con le stesse semplici regole del liberismo: lasciare fare al mercato. Anzi di fronte a questa crisi, dagli esiti ancora non prevedibili, gli stati e le banche centrali stanno attuando dei comportamenti che sono l'esatto contrario del liberismo: la nazionalizzazione. Ovvero gli stati, per non far fallire le banche, le comprano, le statalizzano, scaricando di conseguenza i debiti di queste sui contribuenti.

Ve lo immaginate: gli alfieri del libero mercato non trovano di meglio che agire come un grigio burocrate brezneviano. Il tanto vituperato stato si prende la sua rivincita ma a che prezzo? Molto caro per noi, come al solito. Ma almeno si abbia la decenza di dire al mondo la verità. Perché il re è nudo, ed il libero mercato globale è fallito.