lunedì 22 febbraio 2010

La regola del monoscopio




A riprova del fatto che nella televisione può passare di tutto acriticamente, fino al punto che il monoscopio produce un certo ascolto (figuriamoci quindi se il taglio delle scene di un film viene vissuto come un problema!!!), posto questo articolo di Aldo Grasso tratto dal Corriere della Sera del 30 Aprile 1997:

Da un po' di sere sono a caccia di monoscopio. Da quando ho saputo che circa sessanta mila spettatori lo hanno fissato per mezz'ora come si fissa un programma. E' successo a meta' aprile, verso le due di notte. Da allora vago fra canali e canali alla ricerca del monoscopio perduto. Gia', perche' il monoscopio e' una vera rarita', le giovani generazioni non sanno nemmeno cosa sia. Quel cartello di identificazione che appariva sul teleschermo per molte ore al giorno (straordinario quello della Rai in bianco e nero con una grande N centrale e misteriosi numeri a raggiera) serviva per la taratura delle apparecchiature, serviva ai riparatori di televisori per sostituire le valvole e centrare lo schermo, serviva allo spettatore come spasmodica attesa. Con l'avvento dei network commerciali, i tempi di trasmissione coprono ormai l'intero arco delle 24 ore. Del monoscopio, nemmeno piu' l'ombra. IMMAGINARIO. Anche ieri notte l'ho cercato invano; ma ormai il mitico segnale appare soltanto in caso di incidente, quando salta un programma. Perche' tanta attenzione a una figura che non appartiene piu' al nostro immaginario? Il monoscopio risolverebbe molti dei nostri problemi. Secondo le deduzioni ragionieristiche dell'Auditel il fenomeno dei sessanta mila si spiegherebbe con l'abitudine di molti spettatori ad addormentarsi davanti al televisore acceso. Alle due di notte! La giustificazione e' cosi' fantasiosa che merita rispetto. Par di vederlo quell'esercito di sonnambuli abbioccati davanti a uno schermo acceso; abbioccati davanti al monoscopio come davanti ad altri programmi; abbioccati sempre. Eppure non ci credo che dormissero. E' una constatazione ingenerosa e ingiuriosa. Quelle persone avevano semplicemente deciso di guardare il monoscopio, alla stregua di un normale programma. MEDIUM ZERO. Non c'e' forse chi teorizza la televisione del nulla, il vuoto catodico, il medium zero? Che differenza c'e' tra un programma di Boncompagni o di Giurato o di Cristina Parodi o di Cecchi Paone e il monoscopio? Una sola, che il segnale fisso costa infinitamente meno. Cosa ci testimonia il cartello di identificazione? Che viviamo in una societa' caratterizzata dalla mancanza di referenzialita', che non c'e' piu' spazio per i "contenuti", che il televisore viene usato come una sorta di macchina buddista, che il vero in Tv e' l'infinitamente falso, che il piccolo schermo e' il nostro nirvana. L'Auditel fa un pessimo servizio alla Tv quando offre discolpe cosi' sprovvedute e meccanicistiche. Per contraddirla, da sere cerco invano il monoscopio.

1 commento:

ermanno ha detto...

parole sante !!!!!